7. Il Problema della Capacità Produttiva

Le strategie di differenziazione perseguite dalle imprese negli ultimi anni e l'impatto delle nuove tecnologie produttive hanno spostato il baricentro dei costi dei materiali e della manodopera diretta ai costi indiretti e della capacità produttiva. Si rivela, quindi, di fondamentale importanza per la direzione riconoscere l'impatto dei costi correlati alla capacità ed imputarli ai singoli prodotti. Devono essere addebitate ai prodotti le risorse consumate nella produzione e ci si deve rendere conto di tutti i costi presenti e futuri legati ad un eccesso di capacità produttiva . Si parla spesso di capacità produttiva e si fa riferimento ad essa con la semplicità usata dai contabili della Ford ai tempi del black model T. Anzi, forse il contabile sarebbe potuto essere uno solo, in quanto era sufficiente contare il numero di model T che uscivano dalla linea per misurare la capacità dello stabilimento di Rouge River. Oggigiorno, però, le aziende non producono più un solo prodotto, e risulta, di conseguenza, molto più difficile valutare la capacità produttiva misurando l'output. È sempre possibile misurare l'output in termini quantitativi, mentre è sempre più difficile assegnare a queste quantità un peso per ottenerne un indice che possa essere omogeneo e confrontabile nel tempo e nello spazio . Di forza, si è costretti a passare alla misura degli input, con tutti i problemi che conseguono all'interposizione della produttività. Il modulo costi eredita la misura della capacità utilizzata dallo schedulatore, che è il tempo, il quale considera tutti i fattori a flusso rigido di servizi. Il costo di questi fattori non varia in relazione ai volumi di produzione, ma viene spiegato da determinanti non legati a tali volumi. Esistono numerosi concetti di capacità, ma al fine della trattazione ci si limiterà a definirne i tre più interessanti a livello contabile. Il primo concetto da affrontare è quello di capacità MASSIMA TEORICA. Questa è la quantità massima di produzione ottenibile dalle risorse in condizioni produttive assolutamente ideali, senza la minima perturbazione. È un livello di capacità che non può essere minimamente migliorato, in quanto si ipotizza che i fattori produttivi non subiscano fermate, non necessitino di turni di riposo e non risentano di usura fisica. Con questa definizione i fattori vengono visti come un insieme organico, in cui non esistono sprechi causati da mancati livellamenti delle capacità componenti e non esistono colli di bottiglia. Molto più interessante il concetto di capacità MASSIMA PRATICA, o effettiva, in quanto questa tiene conto delle condizioni reali dell'azienda, come ad esempio l'impossibilità reale di livellare la capacità di fattori diversi. Rispetto alla capacità massima teorica, questa è ridotta delle perdite di produzione ineliminabili, anche con la migliore organizzazione possibile dei fattori, ineliminabili a causa dei tempi fisiologici di avvio e di fermata, a causa del logorio delle macchine, ecc.. Essendo un livello raggiungibile di rado, è più facilmente rappresentato da una stima e come tale soggetta ad errori, per cui va rivista periodicamente, soprattutto se si vuole utilizzarla come obiettivo per la programmazione. Il concetto di capacità più diffuso all'interno degli ambienti contabili è senza dubbio quello della capacità NORMALE. Come si vedrà nel seguito della trattazione, tale nozione non è certamente da considerarsi la migliore, ma è stata accolta con favore per una serie di motivi, tra i quali la raccomandazione dei Principi Contabili Internazionali, la facile verificabilità da parte dei revisori e, non per ultimo, a causa della facile disponibilità di tale dato. La capacità NORMALE (o media) è il valore medio annuo della capacità massima utilizzata in concreto per soddisfare gli ordini dei clienti che erano già in portafoglio. È frutto di statistiche di produzione, facilmente ottenibili, e non richiede la conoscenza dell'ammontare della capacità massima. Chiaramente la mancata conoscenza di quest'ultima impoverisce di molto l'informazione relativa alla capacità utilizzata, perché non si possono conoscere con esattezza i margini di miglioramento, se non con stime grossolane lasciate all'esperienza dei programmatori della produzione. L'unica informazione utile che si potrebbe trarre da questa nozione di capacità potrebbe essere la misura della sua variazione nel tempo, periodo dopo periodo, ma ciò si scontra con la dinamica della realtà, dove i fattori produttivi non sono eterni, ma vengono sostituiti con regolarità. Il problema sarebbe superabile se i fattori fossero sostituiti per conclusione della loro vita tecnica con fattori analoghi, ma purtroppo le tecnologie di produzione hanno dei tassi di sviluppo tali da non consentire il paragone tra macchine diverse. La capacità, quindi, cambia continuamente, tanto da non consentire la creazione di statistiche attendibili sulle potenzialità e sull'utilizzo delle risorse. Dalle analisi dei profili di carico di CyberPlan(R) emerge l'esistenza di una capacità produttiva inutilizzata o eccedente (figura 37).

Figura 37

È il sintomo chiaro che si stanno sprecando fattori produttivi ed è, più esattamente, la differenza tra la capacità che ci si è posti, come obiettivo, di utilizzare e la capacità effettivamente utilizzata. La capacità obiettivo potrà essere quella massima (teorica o pratica) o quella normale. Ne conseguono tre calcoli possibili di inutilizzo e tre diverse interpretazioni di tali valori. La capacità inutilizzata è formata, in generale, da due componenti distinte dalla causa della loro mancata utilizzazione: la capacità inoperosa (idle) e quella eccedente (excess). La idle capacity è da imputarsi alle cattive scelte imprenditoriali di programmazione, mentre la excess capacity è dovuta all'insufficiente domanda del mercato rispetto al potenziale dei fattori in possesso dell'impresa. A cause diverse, ovviamente, corrispondono reazioni diverse. In condizioni normali, in presenza di capacità in eccesso, risulta più difficile riconoscere la capacità inoperosa (idle), mascherata dalla capacità in eccesso. Vi è la tendenza, infatti, a rallentare i tempi di lavoro quando si vedono i centri scarichi. In realtà, la trasformazione della capacità inoperosa in capacità eccedente è un'operazione strategica che mira a rafforzare la competitività futura. Se gli ordini dovessero aumentare, infatti, si potrebbe impiegare la capacità fino a prima eccedente, senza dover ricorrere a straordinari o, peggio, dover effettuare investimenti aggiuntivi piuttosto che sfruttare totalmente il potenziale degli investimenti esistenti. Se, invece, non vi è capacità eccedente, la capacità inoperosa emerge più chiaramente ed è più facilmente misurabile il costo del margine di inutilizzo. Disponendo di un'analisi per valore delle attività si potrebbe arricchire questa classificazione della capacità. La capacità inutilizzata rimarrebbe divisa tra inoperosa (idle) ed eccedente (excess), mentre quella utilizzata potrebbe essere divisa in capacità a valore aggiunto, impiegata in attività che forniscono valore al cliente, e capacità impiegata in attività senza valore aggiunto, che a maggior ragione sarebbe da eliminare o perlomeno minimizzare. Sarebbe, così, evidente quanta parte delle risorse viene utilizzata in attività che non aggiungono qualità, servizi e valore al prodotto, dal punto di vista del cliente. La misura della capacità non utilizzata totale può essere impiegata come indicatore del rischio che l'azienda corre di dare vantaggio competitivo alla concorrenza che abbia dimensioni più adatte al mercato, o che sappia semplicemente impiegare efficacemente (concentrandosi sul valore) ed efficientemente (mediante la programmazione) le proprie forze.

7.1. Lo sfruttamento della capacità produttiva

Nell'impostazione tradizionale, le decisioni da prendere circa la capacità produttiva hanno due orizzonti temporali. Nel breve e brevissimo periodo si formulano obiettivi di sfruttamento della capacità, in quanto non è possibile liberarsi della capacità, o meglio non è possibile recuperare i suoi costi in maniera economica; nel lungo periodo, invece, ci si preoccuperà del suo dimensionamento e dei conseguenti costi. Il corretto dimensionamento della capacità, infatti, si rivela fondamentale nel lungo periodo per la strategia competitiva. Solo in questo arco temporale si manifestano gli effetti delle decisioni della direzione e si ottengono le conoscenze necessarie per il migliore impiego dei fattori. Gli obiettivi di sfruttamento della capacità esistente possono essere formulati facendo riferimento alla capacità massima teorica, alla capacità massima pratica o a quella normale. In realtà le prime due nozioni di capacità originano obiettivi simili, mentre grande differenza vi è nel caso si adatti la nozione di capacità normale (o media). Nel caso in cui l'obiettivo della direzione sia quello di raggiungere la capacità massima teorica è necessario mettere in discussione tutta una serie di fenomeni che nella pratica vengono considerati ineliminabili. Se da un lato può sembrare impossibile riuscire ad eliminare pause, tempi di avvio, manutenzioni, è sicuramente possibile minimizzare tali attività, e dovrebbero essere obiettivi raggiungibili nel lungo termine, in un ottica di miglioramento continuo della programmazione della produzione. Per raggiungere la capacità massima teorica, inoltre, è necessario uniformare le capacità dei singoli fattori, in maniera tale da non creare disallineamenti che renderebbero impossibile un flusso continuo senza interruzioni, code e buffer. La capacità massima pratica, invece, è preferibile sotto molti punti di vista. Questa capacità, a differenza della precedente, è pienamente raggiungibile e per questo maggiormente motivante; essa evidenzia i margini di miglioramento rispetto all'utilizzazione effettiva della capacità, rendendo visibili alla direzione le cause degli scostamenti; conduce ad un costo di prodotto che è indipendente dal grado di sfruttamento della capacità e include, contemporaneamente, tutti i costi sostenuti per sua realizzazione. Unico neo, l'adozione di tale capacità implica l'accettazione delle cause che separano le due capacità massime e questo allontana il personale, per certi versi, dalle filosofie del miglioramento continuo. Diversamente, l'utilizzazione della capacità normale, o media, può condurre a pericolosi errori di gestione. L'adozione di questa capacità si traduce nella replica degli sfruttamenti medi degli anni passati, inoltre, non è comparabile tra reparti diversi, anche a parità di capacità massima, a meno che questi non abbiano utilizzato la medesima capacità media nel passato. Il forte legame col passato può, inoltre, creare difficoltà nel comprendere le dinamiche e i cambiamenti di ogni centro e dell'azienda nel complesso. Questa capacità può essere raggiunta anche oltre il 100%, con il conseguente problema dei sovrassorbimenti dei costi fissi, che complicano la lettura dei risultati economici e pongono dubbi sui costi di prodotto, che variano al variare dell'utilizzo della capacità. L'adozione della capacità massima pratica porta, invece, quasi sempre al sottoassorbimento dei costi fissi, evidenziando così il costo della capacità inutilizzata, il cui significato economico è palese, anche quando l'effettivo utilizzo dovesse cambiare nel tempo. Classicamente l'utilizzo della capacità media era ritenuto migliore di quelle massime per la fissazione dei prezzi dei prodotti, ma le condizioni del mercato erano dominate dai produttori, mentre oggi il livello concorrenziale è sicuramente più elevato e la generazione di prezzi che tengano conto della capacità massima teorica simula il prezzo praticabile dal miglior concorrente ed anche per questo è sicuramente da preferire. Tradizionalmente la capacità normale è stata utilizzata, oltre per i motivi già elencati, anche per il fatto di essere sempre disponibile, come già dimostrato in altri casi . La capacità massima (sia pratica che teorica), invece, richiede stime ed indagini, non sempre semplici ed immediate. Il costo della capacità sarà sempre espresso dal rapporto tra la sommatoria dei costi sostenuti per i fattori a flusso rigido di servizi e la misura totale della capacità scelta come obiettivo. Chiaramente, il costo sarà sempre più elevato passando dalla capacità massima teorica, a quella pratica e sarà massimo con la capacità media.

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